Gero Maria Gravotta

Castano Primo - 15th Jul 2022

Il percorso artistico di Giuseppe Farruggello parte da lontano, da molto lontano. Non lontano inteso solamente come spazio e tempo, ma è lontano come ricerca personale artistica di un giovane che cerca se stesso attraverso la pittura. Nei suoi dipinti c’è tutta l’energia sprigionata da un “Io” interiore forte, determinato, a tratti violento ma sempre consapevole del suo “gesto” pittorico. Molti sono i quadri che rimandano a periodi storici che hanno fatto la Storia dell’Arte, poichè quei pittori del ‘900 hanno saputo osare, sfidare la società effimera e moralista (falsa) del loro tempo allo stesso modo Giuseppe Farruggello sfida la sua contemporaneità tecnologica, social, interattiva, rimanendo visceralmente legato alla pittura tradizionale. Quando guardo dipinti come “Solitudine” o “Un capriccioso ricordo ossessivo” penso ai giovani della Die Brücke. Man mano che Giuseppe viene a contatto con la materia, i suoi corpi dipinti sembrano svanire (ma è solo apparenza), privi di un’identità riconoscibile. Anche senza orbite in realtà sembrano guardarti, come nel caso di “Squilibrato equilibrio (il mio)” del 2014 dove due figure occupano interamente lo spazio della tela e sembrano scrutare una dimensione nuova, inebriante, che l’artista ha concesso loro. Qui, la pittura ci riporta al grande Amedeo Modigliani, ma Farruggello non è Modigliani. Giuseppe è assai lontano da quella Parigi bohémien dei primi del ‘900. L’intimità che propone Farruggello è diversa da quella ricerca dell’anima che proponeva Modigliani. Una serie di ritratti e autoritratti mantengono il gusto di una irrefrenabile ricerca che non si arresta ma muta e si evolve fino ad accostarsi al graffitismo (ma su supporto diverso) di Jean-Michel Basquiat. Giuseppe si chiude nel suo atelier, come facevano i pittori di un tempo, per cercare quel rapporto intimo tra l’artista e la tela. Un corpo a corpo che diventa ossessione, mania e in preda a stati d’animo contrastanti tra ragione e follia si scaglia violentemente sui colori lasciandoli cadere sul pavimento, sulla tela, come macchie che prendono vita. Quelle macchie devono necessariamente essere assecondate per dare nuova linfa al “caso”, per dare spazio alla pittura d’azione che Giuseppe raccoglie sotto il filone di “Esseri o Umani? Ricerca nell’oblio dell’inconscio” giocando anche sull’ambiguità delle parole che elevano il pittore ad una nuova identità personale. Come ebbe modo di dire l’artista armeno Arshile Gorky “La materia di cui sono fatti i pensieri è il seme dell’artista. Sogni che hanno origine dal pennello del pittore. E, poichè l’occhio è la sentinella del cervello, trasmetto le mie più intime percezioni tramite l’arte, la mia visione del mondo.” Se volete comprendere la pittura di Giuseppe Farruggello non dovete cercarla o metterla in relazione con gli artisti del passato che serve solo a rassicurarci e renderli più riconoscibili. Giuseppe Farruggello (Hic et nunc) vive in mezzo a noi, assapora il midollo della stessa nostra società ma con consapevolezza differente e creativa. Non cercatelo, mettete un pò d’ordine in voi stessi o lo farà lui per voi perché, quello che sa fare meglio un pittore è dipingere le emozioni che non trovano parole. Gero Maria Gravotta